Silvia Romano è tornata a casa, l’umanità forse no
Silvia Romano è tornata a casa. Una ragazza che per mesi è stata prigionieri di ribelli ha potuto riabbracciare la sua famiglia.
Cosa aggiungere d’altro?
Stiamo convivendo da due mesi con una pandemia.
Abbiamo pianto migliaia di morti in tutto il mondo.
Siamo stati in isolamento per quasi due mesi.
Finalmente una bella notizia in un periodo “complicato”.
Sospettavo che qualcuno avrebbe rovinato anche quei sorrisi ma speravo che tutto quello che abbiamo vissuto avesse reso tutti delle persone migliori.
Purtroppo mi sbagliavo e questo mi fa ancora più rabbia.
Silvia Romano: davvero è bastato un velo per cambiare l’accoglienza?
Come ti ho spiegato anche quando ho parlato di Kim e della Corea del Nord o di Bill Gates e della sue previsioni sul Coronavirus, non sono un esperto di geopolitica.
Sono solo una persona che ha viaggiato molto e ha incontrato persone di ogni razza, cultura, religione… Sono un ragazzo curioso che crede sia arrivato il momento di lavorare per costruire un mondo migliore, dove la religione non può essere un fattore di divisione.
Quello che è accaduto a Silvia quando è tornata in Italia mi ha lasciato senza parole. Sono arrabbiato, indignato, basito… scegli tu l’aggettivo che preferisci.
Davvero nel 2020, mentre tutti stiamo combattendo un nemico subdolo e invisibile, il problema è che una ragazza scampata dalla morte sia tornata in Italia indossando un velo e professando una nuova religione?
Non ci siamo davvero. E lo dico con il cuore in mano.
Sto parlando a te, caro “hater” da tastiera.
Se usi il termine “musulmano” con accezione dispregiativa, beh allora stai vivendo nel Medioevo e forse è arrivato il momento per te di provare a capire.
Qualche mese fa sono sono stato a Peshawar, un tempo, una delle città più pericolose al mondo, dall’Imam Quari Tayyab Qureshi per sfatare insieme tutti gli stereotipi sui musulmani e sull’Islam.
“Il significato dell’Islam è: pace. L’Islam non è violento, è una religione pacifica: insegna la pace, il rispetto, l’umanità. Guarda la nostra Madrasa, per esempio. L’unico insegnamento riguarda la pace, la gentilezza e non abbiamo un’agenda personale “contro” nessuna religione o nessun paese, nessun paese europeo o America.”
Da dove arriva tutto questo odio?
Perché nemmeno una pandemia è riuscita a fermare tutto questo odio?
Perché in un mondo globalizzato, dove noi siamo quelli che vivono nella parte più fortunata, non riusciamo ancora in molti casi ad andare oltre a un velo o al colore della pelle?
Perché dopo aver ispezionato ogni sfumatura di significato della parola “congiunto” per poter rivedere “legalmente” una faccia amica non riusciamo a gioire per una ragazza che ha potuto riabbracciare i suoi genitori?
Sono domande la cui risposta probabilmente va oltre una questione religiosa.
Credo abbia ragione Dacia Maraini, scrittrice e poetessa italiana.
In una intervista di Nicola Mirenzi sull’Huffington Post ha spiegato cosa probabilmente gli haters non perdonano a Silvia:
“Che Silvia Romano non odi i suoi carcerieri. È un fatto che li scandalizza, li manda su tutte le furie. Perché loro odiano tutto, forse pure se stessi. Così si precipitano all’attacco, anche vile. La insultano e la dileggiano. Non riescono a sopportare che sia arrivata in Italia sorridendo, sotto un vestito che corrisponde al nuovo nome che si è data, Aisha, senza pronunciare nemmeno una parola di rancore verso chi le ha fatto così male. Avrebbe avuto il diritto di farlo. L’avremmo compresa. Nessuno, però, glielo può imporre come un dovere civile”.
E leggendo questa intervista la mia mente corre veloce in India e alle parole di Dilavar, caposquadra di un gruppo di “lavoratori delle fogne”.
Dilavar avrebbe tutte le ragioni per essere arrabbiato con il mondo. La società in cui vive non gli ha lasciato opportunità di scegliere. Per sopravvivere per anni si è calato nudo nelle fogne per pulire escrementi umani…
Eppure alla domanda qual è il tuo primo pensiero appena sveglio mi ha risposto “prego di poter fare del bene a tutti e mai del male a nessuno”.
E sapete qual è la più grande paura di Dilavar? Non la morte, non la povertà ma “il pensiero di far del male a qualcuno anche solo per sbaglio”.
Allora non c’entra dove sei nato, cosa hai vissuto nella vita: saper perdonare, comprendere, essere gentile con il prossimo, dipende solo da noi.
Silvia è partita per aiutare gli altri ed è tornata dandoci un altro grande esempio: la rabbia e l’odio non ci porteranno da nessuna parte.
Mio caro hater, lasciatelo dire: stai fallendo
La valanga di odio che ha investito Silvia è inaccettabile e c’è solo una parola: vergogna.
Oggi credo che la cosa più importante sia vergognarsi.
Vergognarsi per aver insinuato e speculato sul dramma di una persona tenuta in ostaggio per troppi mesi e grazie al cielo tornata a casa viva.
Vergognarsi per aver fatto parte di quella minoranza che ha fatto fare all’Italia un’altra brutta figura nel mondo.
Davvero il suo abbigliamento, la sua religione o se fosse in cinta erano l’unica cosa con cui dare sfogo alle vostre frustrazioni?
State fallendo ragazzi, come cittadini di una società che vuole basarsi sulla libertà e sull’uguaglianza.
State fallendo come esseri umani capaci di sfogare rabbia e cattiveria inaudita contro un’altra persona di cui non sapete nulla.
Se dopo mesi a suon di buonismo non riuscite nemmeno a empatizzare con lei e la sua famiglia, beh, non so che dirvi…
State fallendo…
E non preoccuparti caro amico… già ti sento… “e il riscatto? Quei soldi li dovevamo spenderli meglio”.
Forse ha ragione Enrico Mentana quando ha dichiarato che quel denaro l’avreste potuto usare per istruirvi…
Perché, mentre fate i leoni da tastiera, in Libano, in un campo di rifugiati siriani, c’è una bambina che ogni giorno si sveglia con la paura di non poter più andare a scuola perché ha capito che conoscere è l’unica strada che può garantirle un futuro.
E no, non è un’affermazione buonista: quella bambina quella frase l’ha pronunciata davanti ai miei occhi.