I 5 Paesi più tristi del Mondo
Ci piace scovare la felicità ovunque si trovi. Che sia in un gesto, in uno sguardo, in un paese.
Stiliamo liste che ci raccontano perché un luogo sia/è più felice di un altro per capire quali siano i segreti che lo rendono tale.
Ma cosa ne resta di quelli che raggiungono il podio “della tristezza”?
Sì, i report annuali come Il World Happiness Report dell’Onu ci mostrano anche i luoghi più infelici, ma è necessario andare più a fondo per capire come incrementare la gioia per vivere al meglio.
I 5 Paesi più tristi al Mondo
Analizziamo, per iniziare, quali sono i 5 paesi che registrano il maggior tasso di tristezza per capire se tra loro esista un comune denominatore e delle cause specifiche.
Laos
Il Laos è un paese senza sbocco sul mare nel sud-est asiatico, conosciuto perché ospita più di 49 culture etniche. Purtroppo la sua infelicità deriva dai problemi legati alla fortissima povertà, alle restrizioni politiche, all’accesso limitato all’assistenza sanitaria e all’istruzione. Si tratta di una “piccola” realtà, ecco perché non fa notizia. Non se parla mai, sottovalutando il problema, come se non esistesse. Inoltre, ormai da qualche anno ( a partire dal covid-19) sta affrontando la più grande crisi economica degli ultimi decenni.
Cambogia
La Cambogia si trova nel sud-est asiatico ed è conosciuta per la sua storia culturale, con i suoi meravigliosi templi. Anche in questo paese i tassi di povertà sono elevati, con un accesso limitato ai servizi di base. L’instabilità politica e le questioni relative ai diritti umani peggiorano la situazione. La sua storia è da sempre complessa, ed uscirne non è un processo veloce: ex protettorato francese, è stata vittima di cruenti bombardamenti americani che provocarono fino al 1975 800mila morti.
Somalia
Spostiamoci verso un altro continente. La Somalia si trova nel Corno d’Africa e ha vissuto decenni di conflitti, povertà, insicurezza alimentare e mancanza di accesso ai servizi di base, tutti fattori che contribuiscono all’infelicità. Oggi il paese si trova ad affrontare anche le sfide legate alla pirateria marittima, fenomeno che ha visto una nuova impennata proprio nell’ultimo anno.
Eritrea
Rimaniamo in Africa. Nonostante la faticosa lotta per l’indipendenza ottenuta nel 1993 dopo una lunga guerra, versa ancora oggi in una condizione di notevole infelicità. Le principali cause sono la limitata libertà politica, le violazioni dei diritti umani a cui si unisce la grave stagnazione economica che – senza aiuti ingenti- non riesce a cambiare.
Iraq
L’Iraq si trova in Medio Oriente e ha affrontato anni di conflitti, instabilità politica e terrorismo. Forse è il paese più “conosciuto tristemente” tra quelli elencati e, nonostante ciò, la situazione non cambia. Decenni di guerre, violenza, le difficoltà economiche e la mancanza di accesso ai servizi di base accrescono l’infelicità. Il paese deve affrontare anche sfide legate alla corruzione e alle tensioni settarie e religiose.
Una cura per l’infelicità
Da questa breve lista, che potrebbe protrarsi di molto senza grandi differenze , si evince come “l’infelicità” trovi la sua espressione in problematiche uguali per tutti.
I paesi registrati questo febbraio dall’Onu, come tristi e insoddisfatti, sono coloro i quali non riescono ad accedere ai servizi minimi, a una normale libertà quotidiana e di pensiero, ai servizi sanitari di base.
Se la felicità profonda e duratura è qualcosa di molto semplice, è pur vero che per poterla anche solo immaginare è necessaria una vita dignitosa.
Non è tutto oro ciò che luccica: il caso Paesi Nordici
Sapevate che nei paesi economicamente forti, proprio come la Finlandia, il numero di suicidi è tra i più alti e supera la media Europea?
Non è facile capire quali sia l’unità di misura universale per la felicità.
E non è altrettanto facile, quindi, capire perché i cittadini di Paesi incredibilmente sviluppati e democratici arrivino più di frequente a gesti estremi.
Il Consiglio dei ministri Nordico e dell’Istituto di ricerca sulla Felicità di Copenaghen, ha provato a trovare una risposta con lo studio “In the Shadow of Happiness”, condotto tra il 2012 e il 2016.
In Danimarca, secondo le ricerche, esiste una grande cultura del perfezionismo, a scuola e nella vita.
Un dato che troverebbe conferma anche dalle percentuali di suicidi in Giappone: 12,2 per 100mila abitanti, una percentuale simile a quella dei Paesi scandinavi. Inoltre, le condizioni meteorologiche ( anche per i non meteoropatici s’intende) influenzano il quotidiano. Freddo, Buio… anche se attrezzati, sono difficili da sopportare per tutto l’anno.
Report e classifiche servono davvero?
Il lavoro condotto dall’Onu ogni anno serve. Sì.
L’abbiamo già appurato: la felicità e l’infelicità sono processi lenti, una scienza imperfetta, impossibile da analizzare nella sua profonda interezza.
Comprendere però un problema generale, o comunque conoscerlo, leggerlo, approfondirlo, sono strumenti necessari per costruire società consapevoli, generazioni desiderose del cambiamento.
Piccoli passi e parole concrete verso la felicità.
Questo Articolo vuole contribuire al raggiungimento dell’Obiettivo 03 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile: assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età.