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Intervistato dal pallavolista Federico Bonami

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Qualche settimana fa ho fatto una bellissima chiacchierata con Federico Bonami, di professione pallavolista.

Federico milita nel campionato di Serie A di Pallavolo ed è il libero della Bluvolley Calzedonia Verona ma credo abbia un futuro da giornalista!

Più che una classica live su Instagram, la nostra è stata una vera e propria intervista!

Federico mi ha fatto delle domande che nessuno mai mi aveva posto dall’inizio di Progetto Happines.

Insomma, dopo la live con Marco Montemagno, anche questa volta è come se fossi passato dall’altra parte dell’obiettivo 😉

Per chi si fosse perso la live, qui ho riassunto le domande di Federico e le mie risposte.

Le domande di Federico Bonami

Ho estrapolato dalla nostra chiacchierata le migliori domande e le mie risposte. Buona lettura!

Sei sempre stato un tipo sportivo anche prima dell’Ironman?

Sono sempre stato un tipo sportivo. 

Mi piaceva il calcio ma poi mi sono avvicinato al Triathlon con questo “esperimento” di Progetto Liminis durante il quale ho provato ad allenarmi per un anno intero come un vero triatleta.

Anche la pallavolo è uno sport che apprezzo. Mi piace pensare di essere bravo a giocare… 

Il beach volley mi fa impazzire e penso di cavarmela anche se mia sorella che è una giocatrice mi dice sempre che non rispetto mai le regole 😉


Ora che sei fermo come procederà il Progetto?

Progetto Happines proseguirà, lo sto “solo” ridisegnando.

Realisticamente l’Italia dovrebbe essere tra i primi Paesi a riprendersi dal Covid-19..

Non appena il nostro Paese si risolleverà e potremo di nuovo muoverci ho deciso di ricominciare proprio da casa.

La mia idea è quella di realizzare un episodio per ogni Regione d’Italia scegliendo un personaggio straordinario, avendo sempre come obiettivo trovare la ricetta della felicità, questa volta in versione “made in Italy”.

Non appena potrò viaggiare in Europa potrei applicare lo stesso modello e poi portare il progetto nelle ultime due parti del Mondo che ancora mi manca di visitare: Sud America e Africa… Per ora guardo a breve/medio periodo e quindi non vedo l’ora del primo episodio in Italia!


In questi giorni mi sono messo a spulciare sulla tua vita e ho notato questa costante curiosità e ricerca della sfida. Questo “gene Ulisse” da dove deriva?

Bella domanda! Me l’aveva chiesto qualche tempo fa un amico e la risposta che mi sono dato è che secondo me è perché in famiglia non abbiamo mai viaggiato.

Da piccolo, per tutte le estati, facevo Milano-Sicilia, Sicilia-Milano. 

Non avevo mai visto nient’altro che il paesino di mia nonna: Scaletta Zanclea.

Credo che questa mia curiosità derivi dal fatto che io non avessi mai viaggiato.

Una volta cresciuto la curiosità che mi ardeva dentro era troppa per poter restare fermo e immobile.

Per quel che riguarda nello specifico le sfide su questo credo mi siano sempre piaciute.


Sono uno sportivo e capisco questo confronto costante con la sfida e la paura. Ogni anno una sfida e una paura nuova da affrontare…

Esatto! Questa è proprio la giusta chiave di lettura: ogni anno cerco di rompere e smontare in mille pezzi una paura che ho.

In realtà questo Progetto è molto più complesso di Progetto Liminis.

Qui ci sono un miliardo di paure: mi sono licenziato, non sapevo montare mezzo video, non ho mai fatto il reporter, non ho mai intervistato nessuno in vita mia….

Ci sono tantissime cose che non sapevo fare.

Oggi mi ci metto, ci provo… e mi diverto!

Ma all’ironman ho capito quando sento questa paura per qualcosa significa che la devo fare… è l’unica strada che conosco per poterla superare.


Sull’ironman mi chiedevo se c’era stato uno switch mentale improvviso o si è trattata di una scelta maturata negli anni?

Ho sempre visto l’ironman come qualcosa da folli, da pazzi scatenati.. 

Sono sincero, quasi con una connotazione negativa: pensavo che una persona che fa l’ironman dovesse avere qualche rotella fuori posto… e lo penso ancora in realtà perché se decidi di fare un ironman mezzo pazzo lo devi essere.

L’ho sempre visto qualcosa di impossibile ma richiede una serie di “competenze” che io non avevo e non ho mai avuto: determinazione, costanza, sacrificio… Non erano radicate nel mio carattere. 

La storia è questa.

Con il mio amico Luca avevamo il sogno di fare un documentario. Io non avevo nessun background tecnico ma lui è un montatore di professione. 

Cercavamo una storia da raccontare…

Un giorno sono andato in palestra e un ragazzo mi ha detto che era impossibile che io terminassi l’ironman… 

Ho pensato: perché dovrebbe esserlo? Facciamolo sull’ironman il progetto, cavoli.

L’idea iniziale era di seguire una persona… ma poi ho detto che l’avrei fatto io!

All’inizio nessuno ci credeva ma poi è andata bene!


Nel tuo blog parli dello “psicologo nello zaino”. Nei momenti di difficoltà il supporto psicologico è stato utile o te la sei cavata magari grazie alle esperienze maturate in precedenza?

Ho la fortuna di avere tra i miei sponsor Psya, una società che si occupa di benessere sul posto di lavoro. 

Grazie a loro durante il mio viaggio ho potuto avere il potenziale supporto di uno psicologo 24 ore su 24.

Lo psicologo secondo me servirebbe a chiunque ma in un giro del genere ero sicuro mi avrebbe aiutato per digerire e comprendere meglio tutti gli incontri, tutte le situazioni con cui mi sarei dovuto confrontare.

Fortunatamente ho avuto questo supporto ma a volte la mancanza di una rete internet stabile non mi ha permesso di sfruttarlo quanto avrei voluto.

Tuttavia ogni seduta mi ha aiutato a capire quello che stava succedendo e valorizzarlo al massimo.


Questi personaggi che hai intervistato… che cos’hanno in comune fino ad ora? C’è un lato che li caratterizza tutti? Sei riuscito a trovarne uno?

Quasi tutti gli intervistati, a volte senza nemmeno volerlo, hanno parlato della famiglia.  Chi dei genitori, chi dei figli… Mi ha fatto pensare tantissimo a quanto la felicità sia legata anche alla famiglia.

Ecco, in questi primi sei mesi il collegamento che hanno tutti è l’importanza della famiglia per la loro felicità.

Tra le domande del tuo questionario, invece, ce n’è una che ti ha dato più spunti di altri per trovare gli ingredienti della ricetta della felicità?

Bellissima anche questa domanda! Ce n’è una veramente complessa a cui rispondere e che varia a seconda delle esperienze vissute.

Ed è: cosa vuol dire per te morire?

Questa domanda può essere recepita in vari modi.

Alcuni mi hanno risposto “Non vivere nel momento”… Altri mi parlano di Dio e dell’aldilà.

Questo mi fa capire anche l’importanza che la fede e la religione svolge nelle loro vite.

Una seconda domanda… forse la mia preferita è: qual è la cosa più preziosa che possiedi?

Si tratta di una domanda trabocchetto, diciamo

Perché a seconda del tuo carattere puoi parlarmi di qualcosa di concreto come un oggetto o qualcosa di più astratto, come la curiosità…

Capisci anche che tipo di felicità ricerca la persona che hai davanti…


La tua risposta a questa domanda?

La cosa più preziosa che possiedo è la mia curiosità… La curiosità è una fortuna: perché è infinita… finché sono curioso io sono felice!

Allo stesso tempo per me morire potrebbe significare non essere più curioso.


Ognuno di noi ha delle persone a cui si ispira nella vita. Nel tuo caso chi sono?

Allora… senza che lui se ne sia mai accorto, la curiosità di mio padre nell’apprendere dalla vita di tutti i giorni ha avuto un ruolo determinante nel mio essere curioso.

Sono certo che mio padre sia centrale.

Per il modo di raccontare questa curiosità, invece, io ammiro tantissimo Pif. Per me lui è un punto di riferimento.


Riprendendo il questionario… ipotizziamo che tu stia parlando con il Beppe di 39 anni. Cosa pensi diresti al Giuseppe di oggi?

Sicuramente gli direi di imparare a organizzarsi meglio e leggere il più possibile.

Il fatto che io mi senta spesso occupato è solo una scusa… Nella mia testa vorrei essere una macchina perfettamente organizzata.


E come ti vedi tra dieci anni?

Cavolo… son tanti… speriamo vivo 😉 

Tra dieci anni vorrei avere la fortuna di poter vivere questa stessa passione che ho di raccontare storie e creare qualcosa di molto importante che possa aiutarmi a cambiare la vita di altre persone.

Questo è il sogno che vorrei si esaudisca tra qualche anno…


Un’ultima richiesta. Potresti consigliare un libro che ti ha cambiato la vita?

Mi viene spontaneo dire l’Arte della felicità del Dalai Lama… è stupendo (qui trovi i 7 libri sulla felicità che consiglio di leggere).


Potresti svelare una pillola di felicità che possa farci riflettere presa dal tuo cammino?

Posso darti un consiglio che non mi hanno dato le persone che ho intervistato ma che ho preso da questo libro e che mi è stato tantissimo di aiuto in questo viaggio…

Quando ti trovi davanti a una situazione difficile, che dovrebbe farti arrabbiare, spaventare, preoccupare, devi cercare di recuperare la lucidità e vederla sempre come un’opportunità grandissima per imparare.

Bisognerebbe usare queste situazioni come un allenamento per il proprio carattere, per temprarlo grazie alla prova che ho davanti.

Per me che sono istintivo, con la testa calda … “siciliano” insomma… quando lo ricordo, è molto utile.

Qualsiasi cosa negativa che ti capita potresti usarla per allenare la tua resistenza alle sfide, ai momenti difficili.


Per chiudere il momento più emozionante di questo tuo viaggio?

Tra i momenti più emozionanti l’intervista alla famiglia di un ragazzo di quindici anni che, in Pakistan, ha salvato la sua scuola fermando un terrorista.

Ha sacrificato la sua stessa vita per salvare quella di altri 2.000 studenti…

Ogni volta che ne parlo ho i brividi…

Sono stato nella scuola, nel luogo esatto in cui ha perso la vita… è stata davvero dura come esperienza…


Grazie Giuseppe per le risposte e la chiacchierata! 

Dammi un cinque alto e ti aspetto per una sfida a Beach Volley!

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