
Bicicletta compagna di vita. La storia di Antonio di Guida
Nelle nostre interviste abbiamo parlato di sostenibilità e turismo sostenibile, abbiamo rivissuto le esperienze di tanti creator che hanno avuto la fortuna (e il merito) di viaggiare per il Mondo facendo ciò che più amano.
La storia di oggi ci porta a conoscere un altro ragazzo che ha scelto di vivere la vita che desiderava e ha deciso di farlo con una compagna di avventura ben precisa: la bicicletta!
Sono felice di ospitare oggi sul blog di Progetto Happiness la storia di Antonio di Guida!
Ciao Antonio! Grazie mille per la disponibilità! Sono felicissimo di farti qualche domanda. Io ti seguo da un po’… sei un fotografo, uno scrittore, un viaggiatore… cos’altro? Potresti raccontare brevemente la tua storia a chi ancora non ti conosce?
Mi chiamo Antonio Di Guida, ho trent’anni, e all’età di 21 anni ho scelto di vivere una vita da nomade.
In questi nove anni di vita intorno al mondo ho dato spazio alle mie più grandi passioni e oggi, sono diventate il mio lavoro.
Scrittore, fotografo, viaggiatore e persona libera è come, ad oggi, mi piace definirmi.
Il viaggio in Iran
Avrei un’infinità di domande da farti… ma mi piacerebbe iniziare dal tuo viaggio in bicicletta in Iran. 1700km su una bici che tu stesso definisci “Assolutamente non idonea per un lungo viaggio in bicicletta”… Come è nata l’idea?
L’idea del mio primo viaggio in bici è nata perché volevo trovare un mezzo capace di andare piano, facendomi godere incontri, panorami ed emozioni nel modo più libero possibile.
La bici per me oltre ad essere un mezzo di trasporto, è quel mezzo che riesce a collegarmi, come un grande ponte, alle culture incontrate, mostrandomi ai loro occhi non come un turista o una banconota che cammina, ma come un ragazzo che vuol imparare, conoscere e condividere con le altre culture.
Viaggiare in bicicletta: alcuni consigli
Quali sono state le difficoltà maggiori di viaggiare in bicicletta? Soprattutto in una meta così “originale”.
Inizialmente, la difficoltà più grande è stata il dolore fisico, non avendo mai fatto sport in vita mia a livello agonistico, e non essendo mai andato in bici per così tante ore al giorno, mi sono ritrovato a pedalare 70-90 km al giorno con crampi e dolori ovunque, ma con il tempo, sono passati.
Difficoltà con la lingua non c’è stata poiché avevo sempre con me il traduttore sul telefono e un vocabolario, nessuno si è mai permesso di provare a derubarmi o farmi del male.
In Iran e in tanti luoghi arabi, l’ospite è sacro e la genuinità nelle persone, l’onestà, l’umiltà, la puoi incontrare sempre, soprattutto nei posti più dispersi e isolati dalla società.
Nel mio Progetto si parla di felicità e dei mille modi in cui assaporarla. Il tuo viaggio ti ha messo a stretto contatto con la popolazione locale. C’è un aneddoto, una curiosità, qualcosa che ci puoi dire sulla felicità in Iran?
La felicità in Iran è basata principalmente sulla condivisione: ogni famiglia e quindi persona incontrata, mi ha fatto capire quanto sia importante avere intorno persone per condividere un pasto caldo, un chai, una chiacchierata: la condivisione e l’ospitalità, sono ciò che più contraddistingue il popolo iraniano.
Alla scoperta della Colombia per amore della bicicletta
Nella tua bio ho visto che poi “sei rimontato in sella” in Colombia… Non ho mai viaggiato in bicicletta ma da quello che vedo poi si trasforma in molto più che un mezzo di trasporto. Cosa ti ha spinto a tornare a pedalare? Che legame si instaura con la bicicletta? Credo poi sia un vero e proprio compagno di viaggio…
Quando ho terminato il mio primo viaggio, da Dubai all’Italia in bici, sono ritornato a viaggiare zaino in spalla.
Osservavo le differenze che c’erano fra questi due tipi di viaggio: il rapporto con i locali, la non libertà di poter portare più cose, di non poter piazzare la tenda in posti molto isolati, o perlomeno era molto più difficile senza la bici.
Il lavoro che fa la bicicletta non è soltanto il mezzo che ti porta da una destinazione all’altra, ma diventa un pezzo unico con il tuo corpo e la tua mente, riuscendo a farti ascoltare ogni minimo dettaglio del tuo corpo e riesce anche a farti meditare: passi ore ed ore con te stesso, cosa che al giorno d’oggi , è sempre più difficile.
Ecco, in bicicletta, attraversando posti a volte estremi come deserti, montagne, laghi salati, puoi passare anche diversi giorni senza incontrare nessuno. Quell’esperienza ti porta ad esplorare non solo il mondo fuori, ma anche dentro di te.
Nel tuo blog dai spazio alle storie di altri viaggiatori. Molti di loro si muovono in bicicletta. Pensi ci sia un tratto comune in chi sceglie di fare questa esperienza?
Assolutamente sì, molti cicloviaggiatori cercano quella libertà estrema che solo un mezzo del genere può darti: scelgono la semplicità, la fatica nel corpo, la possibilità di muoversi ovunque si voglia e soprattutto la possibilità di fare un viaggio economico, ricco di incontri, senza un tempo limitato.
Ci sono poi altri viaggiatori che viaggiano in bici per superare record, contando i km fatti, i paesi attraversati o le temperature raggiunte, ma questo è un altro modo di vedere la bici.
Cicloturismo, Italia e mete “bike Friendly”
Hai girato il Mondo, hai attraversato Nazioni e Continenti. Quali sono secondo te le aree più “Bike friendly”?
Qualsiasi parte del mondo che possa essere viaggiata zaino in spalla, è anche percorribile in bici, anzi, alcune nazioni che magari non sono collegate con strade e mezzi di trasporto, lo sono ancora di più, poiché sicuramente in quei luoghi, sono nascoste anime meravigliose che non vedono l’ora di condividere un momento della loro vita con un vagabondo su una bici che viene dall’altra parte del mondo.
In Italia, invece, quale pensi sia la situazione “cicloturismo”?
In Italia ho percorso alcune strade che rientrano nelle migliori in cui abbia pedalato in vita mia, purtroppo però non posso dire lo stesso per l’ospitalità.
C’è molta paura di fidarsi del prossimo.
Nel 2017 ritornato dagli stati arabi, volevo far capire all’Italia che anche la nostra terra poteva essere ospitale come quella iraniana, ma purtroppo non fu così. Molte persone che ho incontrato avevano paura di invitarmi nella loro casa, mi guardavano dalla testa ai piedi osservando gli stracci che indossavo o i capelli rasta che avevo, rispondendomi a monosillabi.
Purtroppo c’è ancora un giudizio di estetica che influenza molto la nostra cultura.
Quali consigli ti senti di dare a chi vuole organizzare un viaggio in bicicletta in base alla tua esperienza?
Di partire, prendere anche la più bizzarra bici, caricarla con il minimo indispensabile e partire per una meta, il viaggio insegnerà ogni cosa di cui si ha bisogno. Di non fasciarsi la testa prima di iniziare un viaggio. E che sicuramente un po’ di allenamento prima non guasterebbe!
La ricetta della felicità per Antonio
Infine, ultimissima domanda. A questa non si può sfuggire. In attesa magari di girare un video o organizzarci per una bella diretta insieme. Che cos’è per te la felicità?
Felicità per me è capire in profondità il fatto di essere vivo.
Quando rifletto sul mio respiro, su quello che sento, che ascolto e che tocco, sento un senso incredibile di felicità. Ecco, per me la felicità è essere vivo dentro e fuori.